29/02/08

Totale mancanza di LEGGEREZZA di un GRASSO conduttore che perde 2 a 0 pur giocando in casa.


Il testo è così attuale che sembra scritto ieri.
L'arroganza di Costanzo assieme alla mancanza di lungimiranza e di senso dell'umorismo rende onore al cantautore che non si incazza per le becere battute del conduttore, e fa bene.
Rino Gaetano sapeva di salire sull'altare di Costanzo e di essere la vittima sacrificale per colpa di un coraggio sbruffone esibito con i denti storti e un cilindro, essenziali per il suo personaggio, funzionali a rendere leggeri i suoi testi, che in realtà sono sale sulle ferite di una Italietta che è quella di ieri e quella di oggi.
Susanna Agnelli, col sorriso sulle labbra, affossa Costanzo.
Lezione di stile.

06/02/08

OST - Into the Wild

Into the Wild è assolutamente da vedere.
Non voglio soffermarmi sulla quantità di temi toccati o solo sfiorati da questo film, personali, sociali, etici, politici, religiosi...
Ci sarebbere da dire e da confrontarsi per secoli.
Mi soffermo invece sulla colonna sonora originale ad opera del leader dei Pearl Jam (qui solista) nonchè amico da vecchia data di Sean Penn.
Eddie Vedder fa un lavoro ottimo con brani plasmati sulla pellicola ma anche capaci di vita propria.
Nient pezzi rock ma ballate ombrose e struggenti così com'è il film, una ballata triste e ruvida, piena di vita e di illusioni.
Pochi strumenti tra cui il banjo e la solita dolce e virile voce di Vedder.
Momenti calmi e rassicuranti si alternano con pezzi senza speranza.
E' l'alternanza che si respira nel viaggio di Alex, una ricerca speranzosa, una scommessa ardita sulla vita.
Un viaggio in parallelo fra natura incontaminata ed l'intimo della propria essenza che spesso è incontaminata.
Un viaggio dove sterminato ed esagerato si affiancano ad interiore e raccolto.
Vedder accompagna Alex con grande efficacia.
Mezz'ora di ottima musica tra strumentali, brani corti ma d'impatto e alcune perle.
Mezz'ora di musica onesta.
Nel video la cover Hard Sun.

05/02/08

La famiglia Savages

ma anche The Savages andava bene, in fondo, (inizio sfogo) brutti cazzoni cambia-titolo, in giro nella penisola ci sono 13 copie di questo film che con zero pubblicità mediatica poteva pure mantenere il proprio titolo originale. Cosa sarebbe cambiato? Niente. Perchè è un film gioiello di quelli classici: esce in poche sale, gli si cambia il nome, attori bravissimi, zero pubblicità, sceneggiatura con le palle, umorismo e riflessione. Ha tutto per essere buon cinema quindi lasciamo che passi inosservato. Mentre un bel film idiota dove lui maturo si vuole trombare lei giovane e bella, caso davvero raro eh!, portiamolo sul palmo della mano. Ma si sa, soldi soldi soldi. Questo è il sistema che non è neppure sbagliato perchè come è noto il cinema è legato a doppio filo con l'industria ma il cinema è anche un'arte e quando una pellicola merita, per etica, fate qualche cazzo di copia in più. Insomma veniamoci incontro, raggiungiamo un minimo di equilibrio (fine sfogo).
The Savages ha molti meriti ma ciò che mi sta più a cuore è la LEGGEREZZA.
Lo penso da tempo e nuove esperienze me lo confermano; la leggerezza è un'arma molto potente ma anche difficile da usare. Con la pistola, prendi la mira, spari e se sei capace centri il bersaglio. Con un bazooka occorre stare più attenti e non basta una buona mira; è più potente della pistola e il bersaglio lo centri sicuramente ma se sbagli, col bazooka, fai dei danni grossi.
Nel film in questione si parla di vecchiaia, malattia, famiglia e sopratutto del senso di colpa. Tamara Jenkins, regia e sceneggiatura, affronta questi temi con leggerezza ma stando molto attenta a non cadere nel grottesco, nella commedia. Usa un'arma pericolosa per raccontarci con misurata ironia che la vecchiaia arriva per tutti e tutti coinvolge. Che la malattia ci svilisce ed unisce i legami tenuti distanti per molto tempo. Questo ci viene sbeattutto in faccia con violenza ma la leggerezza e la delicatezza della narrazione e dei dialoghi attutiscono il colpo. L'ironia, come detto misurata, risiede nei momenti di vita normale che appertengono ad ognuno di noi, anche quando affrontiamo situazioni gravose e per questo, i momenti "leggeri", sono credibili.
Gli attori danno il meglio. Philip Seymour Hoffman oltre ad essere un fenomeno credo sia stato scelto perchè non è bello, anzi. Questo infatti lo porta vicino alla "normalità" della vicenda, vicino alla "normalità" dell'uomo comune. Laura Linney recita al meglio e la verità del senso di colpa è merito suo.
Un pelo troppo lungo? Forse.
Il breve monologo di Hoffman sulle case di riposo per anziani è favoloso.
4/5